
“Mi sono posto una semplice domanda: sarei contento se qualcuno mi venisse a salvare se stessi annegando in mare? Sì, sarei contento. Per questo non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte ad una tragedia quotidiana. Nella nostra Costituzione c’è scritto che abbiamo l’obbligo di prenderci cura della salute delle persone senza nessuna distinzione, quindi salvare chi è in pericolo è un nostro dovere.”
Gherardo Colombo
È l’autunno del 2019 quando Luciano Scalettari, giornalista di lungo corso, esperto di questioni africane e profondo conoscitore dei tanti inferni da cui si tenta di raggiungere l’Europa, riflette sulla possibilità di mettere in mare una nave, espressione della società civile, che vada ad aggiungersi a quelle – poche – che già percorrono il Mediterraneo centrale per prestare soccorso.
L’idea alla base dell’operazione è semplice: salvare una persona in pericolo non è un’opzione: è un dovere. Non c’è un prima e non c’è un dopo, non c’è spazio per altre considerazioni: per un naufrago nel Mediterraneo centrale il presente è l’unica dimensione possibile, l’unica che conti qualcosa. Quali ragioni lo abbiano determinato è del tutto insignificante; lo stesso vale per chi sente il dovere di impedire ulteriori morti.
Trova presto i primi, autorevoli sostenitori, forse perché il valore di un’idea, al pari di una teoria scientifica, risiede – innanzi tutto – nella sua semplicità. Tra gli altri, Livio Neri e Alberto Guariso dell’Asgi, il presidente della Fnsi Beppe Giuletti, il giornalista Duccio Facchini, direttore di Altreconomia, l’avvocato Emiliano Giovane, la ricercatrice Cecilia Guidetti, e poi Lia Manzella, progettista, Luca Masera, professore universitario, Sarah Nocita, operatrice sociale.
Non perdono tempo. Nel dicembre del 2019 nasce ufficialmente la onlus ResQ – people saving people. Lo stesso Luciano Scalettari ne assume la presidenza, mentre l’ex magistrato Gherardo Colombo accetta la nomina di Presidente onorario
L’obiettivo dichiarato è quello di mettere in mare una barca per soccorrere le persone migranti nel Mediterraneo centrale, per raccogliere le testimonianze delle torture, degli abusi, delle violenze subite nei centri di detenzione libici e per impedire che siano costrette a tornarci.
Il progetto è ambizioso: servono oltre 2 milioni di euro per garantire l’operatività della nave per almeno un anno. E la sostenibilità, sul lungo periodo, richiederà il supporto di una rete estesa. Ma è lecito supporre che un’altra vicenda abbia pesato, in qualche modo, su questa scommessa: il caso Lodi.
L’ultimo atto- per ora- della questione Lodi si verifica il 23 dicembre 2018, quando il tribunale di Milano accerta la condotta discriminatoria del Comune di Lodi che, secondo il giudice della I sezione civile di Milano, Nicola Di Plotti, esclude, di fatto, i bimbi stranieri dalla mensa scolastica. La sentenza – storica – arriva dopo tre mesi di lotta, da parte del Coordinamento Uguali Doveri, contro il regolamento discriminatorio varato dal Comune. Il successo dell’azione intrapresa dalla società civile non si limita al piano giudiziario: il Coordinamento avvia una raccolta fondi che in poco tempo raggiunge la cifra strabiliante di 158.000 euro.
Che l’affaire Lodi sia tutto meno che una vicenda di provincia appare da subito evidente: lo dimostra, tra l’altro, l’interesse che la stampa nazionale e internazionale dedica alla questione. Perché si tratta, di fatto, della prima, importante reazione organizzata della società civile al clima di discriminazione imperante nel Paese; palesa la ferma volontà delle persone di lottare contro quello che viene percepito come un sopruso e soprattutto la capacità di farlo in modo estremamente efficace.
A presentare il ricorso d’urgenza per motivi discriminatori al tribunale civile di Milano, su incarico dei consiglieri comunali di opposizione di Lodi, è lo stesso Alberto Guariso, (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) che oggi siede nel direttivo, insieme al collega Livio Neri, di ResQ. Ed è proprio nel trattare quel ricorso che Asgi entra in contatto con il Coordinamento Uguali Doveri.
Per quanto i due progetti siano del tutto indipendenti, è lo stesso Luciano Scalettari a confermarci l’esistenza di un collegamento ideale con quanto accaduto a Lodi. Ed è forse questa identità valoriale, basata su principi comuni e condivisi, a spiegare oggi l’impegno, in seno a ResQ, di una delle anime più rappresentative del Coordinamento: Michela Sfondrini.
Che l’uragano rappresentato dal Coordinamento Uguali Doveri abbia spazzato la pericolosa bonaccia civile in cui il Paese soffocava, strappandolo per un attimo al suo attonito immobilismo, è un fatto. Che sia una forza propulsiva di uguale intensità a soffiare nelle vele di questo progetto, possiamo solo sperarlo.
Buon vento, ResQ.