Adesso sono a Dakar, e per quel che ne so si godono il vento che soffia su N’gor. Vento di mare: spazza la spiaggia da cui i pescatori di Yoff salpano ogni mattina in una ridda di voci e risate e chiacchiere, per tornare la sera, quando il sole è già basso e le ombre disegnano sulla sabbia figure fantastiche: uomini barca, pesci con le gambe, lance dalle cento teste. L’altra cosa che so è che il momento di contemplazione non durerà a lungo, perché tendono a perdere molto meno tempo di quanto mi concederei io stesso: se ho imparato una cosa, lavorando con loro, è che la determinazione non gli manca.
Davide Lemmi, Marco Simoncelli e Carlotta Giauna preferiscono i fatti alle parole, ed è nei loro silenzi che va cercato, piuttosto, l’indizio che qualcosa di grosso si muove.
È una mattina di novembre: piove, e Roma è grigia come Milano. L’unica cosa sensata – devono aver pensato – è cercare di tornare il prima possibile, il più a lungo possibile, lì dove la vita ti impone di risolvere problemi irrisolvibili e cercare soluzioni romanzesche, che contemplino almeno una manciata di identità fasulle e un documento posticcio in tasca. Perché questo è il giornalismo in Africa: piedi gonfi di fatica, una mente sveglia, capace di improvvisare, e un carattere in grado di incassare una sconfitta nello stesso tempo- breve- che si concede per immaginare un’altra sfida.
Il motore è l’amore per la scoperta, per il giornalismo fatto di scarpe e sudore, quello che ti trascina nelle situazioni più improbabili e che ti allontana, fatalmente, giorno dopo giorno, da ciò che eri, in un processo irreversibile, urgente, di costante adattamento.
Quindi: perché non fondare un’Associazione che operi in Africa occidentale, con il fine di formare nuovi giornalisti e professionisti nel settore audio visivo, proponendosi come ponte e punto d’incontro per confronti e scambi, fornendo loro i mezzi necessari per affrontare in modo indipendente, creativo e reattivo il mondo che li circonda. Attraverso il videogiornalismo, strumento principe nell’informazione attuale.
Trovano un nome: Kaadar. In lingua wolof significa cornice, frame; in cui si fondono i concetti di struttura, contesto, e il loro motto: Film, Shape, Empower.
Non è che l’inizio, mi hanno detto pochi giorni fa, appena sbarcati a Dakar. C’è da crederci.
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