In un paio di giorni siamo riusciti ad aprire una nuova finestra su questa triste vicenda.
Prima Euronews, poi Il Dubbio, quotidiano garantista vicino al mondo dell’avvocatura, Milano today, La Provincia Pavese (Pavia è stata la sede del processo di primo grado), poi il Corriere della Sera.
Nel frattempo, arriva un terzo patrocinio, molto importante, quello di Nessuno Tocchi Caino, importante organizzazione che si batte contro la pena di morte e per i diritti dei detenuti.
Le novità non sono finite.
Nei prossimi giorni usciremo su altri quotidiani (uno è una grossa sorpresa) e l’11 aprile saremo a Milano al Consiglio Regionale della Lombardia, per una conferenza stampa insieme alla FIDU e ai Radicali Italiani e +Europa.
Volevamo aprire un dibattito, franco e aperto su questa vicenda, che è dolorosa per tante persone. E che è un peso per tutti noi, anche. Non è facile. Ma deve trionfare un principio. Quello del buon giornalismo, ma ancora di più quello della giustizia. Non c’è giustizia senza una vera giustizia, sembra una frase banale, ma non lo è.
Non siamo i migliori, qualcuno penserà sempre che siamo stati ‘pagati’, o ‘commissionati’, qualcuno metterà sempre in dubbio la nostra onestà e la nostra professionalità. La mia, in questo mondo, ha sedici anni di lavoro, di guerre, di racconti, di storie. Qualcuno disse che sono ‘un buon fucile’. Lo prendo per un complimento. C’è Danilo Elia, da sempre interessato alle dinamiche dei paesi dell’ex blocco sovietico, col quale abbiamo sempre avuto un dibattito, anche qui, franco e aperto su questa vicenda, ben prima della sentenza, su posizioni differenti; c’è Olga Tokariuk che è una bravissima collega, preparata, che si è spesa molto per questo film; c’è Ruben Lagattolla, valido documentarista che ha portato uno splendido documentario dalla Siria e che poi è diventato per molto tempo il mio compagno di viaggio (tra gioie e dolori :-)). Ci sono Giorgia Amodio e Franco Zambon che hanno filmato parte di questo film e c’è anche Lorenzo Stanzani, regista, autore e montatore che si sta occupando della post-produzione e che è stato una fortuna incontrare sulla nostra strada.
Siamo noi, solo noi.
E tante, tantissime persone che hanno creduto in questa inchiesta.
Poi ci sono quelli che – per diverse ragioni – sono interessati e si sono interessati alla storia e che hanno voluto incontrarci, parlare con noi, provare a contribuire. Abbiamo davanti un progetto immenso, che non è solo una inchiesta: è una guerra, la storia di un Paese, di una guerra e di un posto sbagliato, dove in tanti siamo andati e dove quasi tutti siamo tornati indietro, qualcuno per grazia degli dèi.
Il posto sbagliato o The wrong place: in tanti sembrano non essere in grado di comprendere e tradurre correttamente questa espressione, tanto comunemente utilizzata nel mondo anglosassone e senza alcun sottotesto.
“It wasn’t their fault. They were just in the wrong place at the wrong time”. Non ci sono posti dove i giornalisti non possono andare, è vero, e non è colpa loro se ci vanno. Ci sono posti dove si rischia la vita ad andarci, e lo si mette in conto, e ci sono posti dove tutto sembra normale e poi si rimane intrappolati, fino alla morte.
Qui la registrazione video a cura di Radio Radicale della conferenza stampa “Diritti umani sulla morte di Andrea Rocchelli e Andrei Mironov” organizzata dalla Federazione Italiana Diritti Umani.